FOTO DELLE ISOLE TUVALU (DESTINATE A SCOMPARIRE SE LE NAZIONI NON DIMINUIRANNO L'EMISSIONE DI GAS SERRA)

sabato 26 aprile 2008

I FONDI PERSI DALL'ACQUEDOTTO PUGLIESE

E’ di questi giorni la notizia che l’Acquedotto Pugliese ha speso solo il 9% dei fondi POR 2000-2006 a disposizione per gli investimenti infrastrutturali. Il COVIRI (Comitato di Vigilanza sulle Risorse Idriche) ha infatti accertato questo dato, e se lo si compare con il 57% speso dalla Basilicata e con il 47% della media Italiana viene solo da piangere. La mancanza di spesa dei fondi era già prevedibile dai documenti dell’autorità di vigilanza, come ricorderanno gli amici del blog: ne ho parlato in questo blog a Settembre 2007. Era previsto un Accordo di Programma che prevedeva, oltre ai fondi suddetti, anche 11 milioni di euro assegnati dal Ministero dell’Ambiente. Si sono persi anche quelli e l’Accordo di Programma non si è mai realizzato. Che dire? Che il fatto si commenta da solo. E, forse, Vendola farebbe bene a capire se vi sono ancora i dirigenti che non hanno speso questi soldi a disposizione. Io cercherei di capirne le motivazioni. E, come detto nel post dell'epoca, darei degli obiettivi ai manager, che dovrebbero raggiungere. Pena la rimozione.

martedì 22 aprile 2008

IL CASO ALITALIA - AIR FRANCE: LA SCONFITTA DELLA RAGIONE

E’ di oggi la notizia che AirFrance-Klm si è ritirata dalla trattativa. Non si può far finta di nulla sul caso Alitalia e sulla trattativa di Air France – Klm. E, francamente, c’è da vergognarsi per tutto quello che è successo. Come si sa, l’offerta Air France per Alitalia è stata preferita a quella di Air One da parte del Consiglio di Amministrazione di Alitalia. Non conosco i piani industriali di entrambi, e quindi non voglio pronunciarmi. All’epoca, ascoltai una conferenza stampa di Air One e, sinceramente, non mi sembrava convincente. La scelta del CdA di Alitalia ha confermato questa mia impressione. Nel piano di AirFrance era previsto il non utilizzo di Malpensa, puntando su Roma come hub. Questo perché le attività di Malpensa generavano perdite di 74 milioni di euro (come detto dal Presidente di AirFrance Spinetta in una conferenza stampa). Chi ha volato su Malpensa, sa che Aeroporto sia e come sia molto, ma molto meglio Fiumicino. E la prima grande mossa è quella della SEA, società che gestisce l’aeroporto di Malpensa: chiede un indennizzo ad Alitalia pari ad 1,25 miliardi di euro per i mancati introiti derivati dalla decisione di Alitalia. Successivamente, Air France ha inviato il 14 Marzo, come previsto dal protocollo di trattative, una proposta vincolante ad Alitalia, proposta che il CdA di Alitalia ha accettato. In questa proposta, si proponeva un aumento di capitale di 1 miliardo di euro (Alitalia ha ricavi al 2006 per 4,7 miliardi di euro), si affermava che occorreva l’accordo dei Sindacati, si chiedeva che o la SEA rinunciasse all’indennizzo o che il Governo indennizzasse Alitalia o che vi fosse qualsiasi soluzione soddisfacente per Alitalia. In una conferenza stampa, Spinetta indicava che, oltre a questo, Air France avrebbe azzerato i debiti di Alitalia con un altro miliardo di euro. In altre parole, Air France era disposta a dare 2 miliardi di euro per il risanamento di Alitalia. Ma ora cominciano le perle. Letizia Moratti, sindaco di Milano, in un’intervista a Repubblica, afferma che Alitalia può tranquillamente fallire: a lei non interessa nulla. Interessa solo Malpensa. Il Governo si comporta bene: sigla un accordo con sindacati, Regione Lombardia, Province di Milano e Varese, e SEA S.p.A.-SEA Handling S.p.A. per la realizzazione del programma di gestione della crisi occupazionale di Malpensa, e chiede alla SEA di ritirare la richiesta risarcitoria. E ancora una volta, sono i cittadini italiani che pagano le conseguenze di passate scelte politiche sbagliate industrialmente. Ma non basta: il piano è illustrato ai sindacati, che non lo accettano. Ora, Spinetta è certamente un grande negoziatore, ed avrà sicuramente previsto le posizioni del sindacato molto prima del tavolo di trattative. Ed, infatti, è uscito un nuovo piano industriale ed una bozza di accordo quadro con i sindacati, subito divulgati dalla stampa, addirittura con i file su internet nonostante le scritte DOCUMENTO ALTAMENTE CONFIDENZIALE. Ma tant’è, anche questo, secondo me, era prevedibile. Il piano prevede degli esuberi, 1600 di Alitalia, di cui 100 nel resto del mondo, e 500 per le attività di AZ servizi. Ma se si analizza il documento del piano presentato ai sindacati, si nota che per Alitalia:

- 600 esuberi avverranno con pensionamenti a breve e medio termine
- Per i piloti, 330 piloti circa su 500 beneficeranno di misure di pensionamento a breve e medio termine. Ma il bello è che il documento prevedeva la creazione di 200 posti . Inoltre, AirFrance avrebbe proposto ai più giovani un’assunzione in AirFrance per un totale di 180 posti.
- Per il personale di terra 250 persone avrebbero potuto accedere al pensionamento nell’arco dei prossimi sette anni, mentre per le altre 150 dovranno essere attuate misure di riqualificazione..

AirFrance inoltre proponeva che ad ogni persona in esubero dovesse essere offerta o l’opportunità di un pensionamento immediato o differito, o un aiuto per riqualificarsi attraverso formazione, azioni di outplacement, o incentivi finanziari per la realizzazione di un progetto personale. A me sembra una soluzione molto moderna ed accettabile. Ovviamente, si sarebbe ricorso alla cassa integrazione o alla mobilità.
Se facciamo i conti, circa 1180 persone sarebbero andate in pensionamento anticipato, 420 sarebbero effettivamente in esubero. Di questo 420, 180 sarebbero stati assunti da AirFrance e si sarebbero creati 200 posti di lavoro. Peranto, effettivamente in esubero sarebbero andati solo 40 lavoratori.
Ed ora passiamo ad analizzare AZ Servizi. Dei 500 esuberi previsti, 280 sarebbero stati messi con pensionamento immediato o differito. Gli altri 220 avrebbero goduto degli stessi aiuti dei dipendenti di Alitalia per riqualificarsi. In soldoni, gli esuberi propriamente più gravi (cioè senza pensionamento anticipato o differito) che avrebbero avuto impatto sarebbero stati 260 in tutto . Una cifra, a mio avviso, risibile e che io avrei accettato subito, ovviamente con le garanzie del governo. E invece succede l’impensabile. Berlusconi, in piena campagna elettorale, dice che vuole creare una cordata di imprenditori italiana per acquistare Alitalia, con i suoi figli disposti ad entrare. Certo, è alquanto anomalo che si svegli solo adesso e non abbia partecipato alla gara iniziale. Scadiamo nel ridicolo, quando Berlusconi smentisce l’ingresso dei figli, ma fa i nomi di altre aziende e banche, che prontamente smentiscono a stretto giro di posta. Di Pietro denuncia tutto questo alla magistratura.
In realtà, Alitalia rischia il fallimento e il commissariamento. Ma il sindacato piloti Anpac dice "Per noi il piano Air France è un capitolo chiuso. Ora guardiamo avanti, bisogna trovare nuove soluzioni. La soluzione AirFrance non può essere una soluzione a ogni costo per evitare il fallimento” si legge in una nota stampa del Presidente di Anpac, che continua "Se Alitalia fallisce sarà uno scenario gravissimo, ma non è che per questo che Air France si può considerare l'unica soluzione. Siamo pronti ad affrontare con coraggio anche lo scenario del fallimento" Vorrei proprio capire di che coraggio si parla in uno scenario di questo tipo. Non vorrei che la risposta sia collegata a quanto invece prevede di fare Bruno Ermolli, presidente di Sinergetica e membro del cda di Mediaset, che ha avuto da Silvio Berlusconi l'incarico «di valutare la possibilità di individuare degli imprenditori italiani». Ermolli dice che ci vogliono tempi lunghi per una cordata, ma soprattutto dovrà esaurirsi la trattativa di AirFrance. Come dire: facciamo fallire la compagnia e poi ce la compriamo, dopo che il Governo l’ha salvata.
Poi i sindacati hanno portato all’attenzione di Spinetta una controproposta, che AirFrance non ha accettato abbandonando il tavolo delle trattative. Il punto è che i sindacati non possono pensare di trattare su questo tavolo come se stessero trattando per gli aumenti di salari. Un piano industriale ha bisogno di mesi per essere realizzato, e un cambiamento di una sola variabile, non prevista, può comportare lo stravolgimento totale del business plan, con tempi molto lunghi. Ed era ovvio che AirFrance difficilmente avrebbe potuto accettare qualcosa di non previsto in tempi stretti: è un’azienda seria, non un carrozzone politico, e deve fare calcoli economici complessi per verificare la profittabilità dell’offerta. La soluzione Aeroflot, poi, mi sembra impraticabile: come fa una compagnia che ha un giro d’affari inferiore a quello di Alitalia ed un ricavo per dipendente inferiore di gran lunga a quella di Alitalia, a poterla risanare? Pertanto, mi duole dirlo, si è persa la possibilità di un rilancio in grande stile di Alitalia, con esuberi “critici” contenuti ed accettabili, e si è aperta la strada al fallimento della compagnia di bandiera. Che schifo. E’ la prima volta che in vita mia mi vergogno di essere italiano, ve lo dice uno che ha difeso, durante tangentopoli, all’estero l’immagine del nostro Paese nei vari congressi e riunioni di lavoro. Ma erano altri tempi: Tangentopoli apriva la porta ad una speranza, che si è infranta in questi anni di Egoismo e Superficialità.

lunedì 21 aprile 2008

COSA E' UN PIANO INDUSTRIALE?

Credo che i lettori di questo blog si siano resi conto che l’ambiente e le problematiche energetiche rappresentano un’opportunità lavorativa e industriale. Sono il mercato del futuro se si propongono soluzioni che rispettano l’ambiente e si sforzano di non inquinare, anche con soluzioni alternative. E, magari, qualcuna o qualcuno che ha letto questo blog e gli approfondimenti potrebbe averci fatto un pensierino, ma non sa da dove cominciare. Proprio per venire incontro a questi lettori, oggi comincerò a discutere di qualcosa diverso ma collegato a quanto detto sopra: il piano industriale. Credo che, nei giorni di Alitalia, parecchi avranno sentito parlare di piano industriale di AirFrance, piano industriale di AirOne , e anche in altre occasioni si sente parlare di piano industriale. Ma cosa è un piano industriale? Il piano industriale, o business plan, è un documento che illustra la strategia per un’iniziativa imprenditoriale (per un prodotto, per un nuovo servizio, per una nuova azienda) con i relativi risvolti economici che ne dimostrano la profittabilità. In altre parole, un piano industriale serve a dimostrare che la nostra idea ha un senso economico-industriale, in quanto si riesce a fare profitto sfruttandola. Potete immaginare che, se dovete chiedere un prestito per realizzare la vostra idea, avere un solido piano industriale è un aiuto notevole. Se, all’interno della vostra azienda, avete un’idea che pensate possa far fare quattrini, dovrete presentare un piano industriale al vostro management (sperando che sappia valutarlo) in modo da poter realizzare il vostro progetto. Se una società partecipata da un ente pubblico non ne ha uno, i cittadini probabilmente dovranno sborsare soldi, prima o dopo. Ma da cosa è composto un piano industriale? In generale, un piano industriale documenta:

  • Il prodotto o il servizio che si vuole realizzare
  • I clienti cui fornire il prodotto o il servizio, insieme con una prima stima di quanto si può vendere.
  • Le politiche di marketing e commerciali
  • L’impatto pluriennale sul bilancio aziendale.

Per ora fermiamoci qui.